Conclusa la 70. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia vediamo le opere che hanno fatto più discutere e mostrato un cinema-altro.
Il filo rosso che ha collegato molte delle opere presenti al Lido è stato la violenza e il disfacimento della famiglia. Mostrati corpi violentati, tumefatti per una vera e propria estetica del dolore.
Il film che più mi ha impressionato
positivamente è stato Miss
Violence del regista greco Alexandros Avranas che ha, infatti, ricevuto il Leone d’Argento
riservato alla miglior regia. Altra opera interessante se ben richieda una
fruizione più “attenta” è stata Die
Frau Polizisten di Philip Gröning che affronta con incisività il
dramma delle violenza domestica. Anch’essa premiata con il
Premio Speciale della Giuria.
Sempre in Concorso un convincente Merzak Allouache Es-Stouh (Les terrasses) ci mostra un’Algeri decadente vista dall’alto di cinque terrazze.
Uno sperimentale Jonathan Glazer con Under the Skin ci estranea con immagini mentali. Mentre James Franco con Child of God porta in Concorso un’opera spigolosa e scorretta, un vero e proprio studio sull’attore, un bravissimo Scott Haze. L’interpretazione dei due protagonisti Joe (Nicolas Cage) e Gary (Tye Sheridan) rendono credibile l’intera storia con una complicità e intensità davvero notevoli salvando David Gordon Green da un calligrafismo evidente.
Nella sezione Orizzonti colpisce Why don't you play in hell spettacolare splatter movie del grandissimo Sion Sono un’opera divertente e ben congegnata, una prova, riuscita, di metacinema.
Menzione speciale per Gerontophilia di LaBruce che lancia il suo J’accuse verso una società dell’immagine formata da corpi plastificati in balia di chirurghi avidi per teste vuote visto nella sezione Giornate degli Autori.
Ovviamente applausi per Gianfranco Rosi che dopo 15 anni porta in Italia il Leone d’Oro con Sacro Gra.
Un Festival che ha visto la Giuria presieduta da Bernardo Bertolucci fare scelte coraggiose come quella di far vincere un documentario e appoggiare opere scomode, premiando giovani registi.
Sempre in Concorso un convincente Merzak Allouache Es-Stouh (Les terrasses) ci mostra un’Algeri decadente vista dall’alto di cinque terrazze.
Uno sperimentale Jonathan Glazer con Under the Skin ci estranea con immagini mentali. Mentre James Franco con Child of God porta in Concorso un’opera spigolosa e scorretta, un vero e proprio studio sull’attore, un bravissimo Scott Haze. L’interpretazione dei due protagonisti Joe (Nicolas Cage) e Gary (Tye Sheridan) rendono credibile l’intera storia con una complicità e intensità davvero notevoli salvando David Gordon Green da un calligrafismo evidente.
Nella sezione Orizzonti colpisce Why don't you play in hell spettacolare splatter movie del grandissimo Sion Sono un’opera divertente e ben congegnata, una prova, riuscita, di metacinema.
Menzione speciale per Gerontophilia di LaBruce che lancia il suo J’accuse verso una società dell’immagine formata da corpi plastificati in balia di chirurghi avidi per teste vuote visto nella sezione Giornate degli Autori.
Ovviamente applausi per Gianfranco Rosi che dopo 15 anni porta in Italia il Leone d’Oro con Sacro Gra.
Un Festival che ha visto la Giuria presieduta da Bernardo Bertolucci fare scelte coraggiose come quella di far vincere un documentario e appoggiare opere scomode, premiando giovani registi.
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