giovedì 21 giugno 2012
Un cinema cieco per un paese allo sbando
Siamo
in un paese dove si fa finta di non vedere e si fa presto a criticare e
schierarsi fra i buoni per farsi una
nuova verginità. Vi pare normale in un paese civile insabbiare la
chiusura di un partito (leggi Margherita)per paura di indagini su milioni di
euro passati sui propri conti……trovato il capo espiatorio trovata la cura! E un
presidente della Repubblica che si sente attaccato, ma da chi? Dalla
magistratura che l’ha intercettato al telefono stoppare l’inchiesta su
Mancino???Questa cecità gravissima in in una società civile si ripercuote (con
danni minori) anche nel cinema italiano. Possibile che i nostri registi apparte
alcune rare eccezioni, romanzano film su tematiche marginali quando l’Italia
esplode sommersa da corruzione, giochi di palazzo, e un futuro terribile.
Quello che ha fatto grande il nostro cinema è stato il realismo, ovvero essere
dentro alla società contemporanea, non essere scollati, asettici, ma narrare
quello che accadeva per trarre insegnamento per il futuro. Certo parlo del
Neorealismo che pedinava l’uomo qualunque nelle miserie di un post guerra
drammatico, ma anche di altri registi coraggiosi che si sono spinti a chiedersi
perche? Possiamo cambiare e come? O semplicemente mostrando. Ma senza ricette
precostituite, ponendosi dentro il reale, non costruendo un iper-reale plastico
costruito a immagine e somiglianza del marketing, di quello che potrebbe
piacere, quello che i teorici della tv=cinema ci propinano. Io voglio che i registi riprendano la nostra
tradizione italiana di film d’inchiesta, attuali, che si interrogano su i
nostri casini senza guardare in faccia nessuno. Perché il cinema é si sogno ma
anche esperienza, critica e soluzione di un reale che ci appartiene e che non
va rifuggito ma capito, sviscerato, mostrato anche a chi piace essere
distratto. Utopia? Forse, ma questa è la strada… il Grand Prix Spécial du
Jury a Matteo Garrone per Reality fa
ben sperare. Sia solo l'inizio?
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